Massimiliano Tappari

TOPIPITTORI

Leggo la biografia di Massimiliano Tappari su alcuni siti Internet. In tutti viene definito “fotografo, poeta, autore e camminatore”. Massimiliano Tappari scrive e illustra libri per l’infanzia utilizzando tecniche diverse. Conduce “workshop di stupore a km zero” in giro per l’Italia, stimolando bambini e adulti ad usare la creatività e a cogliere il lato fantastico della vita quotidiana.

Il volume raccoglie riflessioni, racconti brevi, ricordi e numerose fotografie dell’autore, ma non è un libro fotografico.

Scrive Tappari: “La macchina fotografica assomiglia a uno di quei maghi che segano le persone a metà senza mai ucciderle per davvero. Anche la fotografia taglia le persone e il mondo a metà, uccide per finta senza spargimenti di sangue. Questo serve a ricordarmi quanto sia importante e vitale tutto quello che rimane tagliato fuori dall’inquadratura. È ciò che scarto dalle foto a definire quello che rimane nella foto”.

Allora è un libro fotografico? Non è un libro fotografico come quelli che siamo abituati a leggere o a consultare. Ho riportato il paragrafo 91 perché è molto esplicito dal punto di vista della fotografia e, soprattutto, costituisce un esempio dello spirito che percorre il libro. Esprime in modo semplice, strappando anche un lieve sorriso, un concetto che, a volte, noi appassionati di fotografia dimentichiamo. L’autore, con sottile umorismo, invita a non guardare distrattamente, ma ad osservare con attenzione per vedere ciò che a molti sfugge.

Al paragrafo 55 l’autore dice di soffrire di “pareidolia”. Il Dizionario Treccani così definisce la pareidolia: “processo psichico consistente nella elaborazione fantastica di percezioni reali incomplete, non spiegabile con sentimenti o processi associativi, che porta a immagini illusorie dotate di una nitidezza materiale (per es., l’illusione che si ha, guardando le nuvole, di vedervi montagne coperte di neve, battaglie, ecc.).”

Fortunatamente non è una malattia, altrimenti, insieme a tante altre persone, sarei molto malato, un malato cronico da anni (quasi cinquanta!) ed irrecuperabile. Non è una malattia, ma è un processo psichico molto contagioso. I bambini ne sono afflitti (fortunatamente) e con il trascorrere degli anni tendono (purtroppo) a guarire… I fotografi sono rimasti bambini? Noo…, ma, come più volte scritto, vedono o, meglio, dovrebbero vedere, ciò che gli altri non vedono.

Tappari nel suo libro, con molta spontaneità e lucidità, lancia un messaggio molto chiaro: dobbiamo osservare liberando la nostra creatività. Se ci siamo dimenticati di come osservare, dobbiamo rieducare nuovamente la nostra mente. Inoltre, non deve essere un osservare acritico, ma una continua ed instancabile elaborazione della nostra mente che ci aiuta a vedere che “il re è nudo”. L’osservare di Tappari si applica anche alle letture, alle notizie, alle urla, ai dibattiti, ai proclami e alle tante affermazioni apodittiche e senza senso che ci assediano.

Il susseguirsi degli argomenti segue una logica molto personale e, a volte, leggendo, ho avuto la sensazione di aver perso il filo conduttore. Le digressioni disperdono l’attenzione e, in tal senso, non aiutano l’opportunità di soffermarsi a meditare su molti paragrafi. Qualche lettore, un po’ cattivo, potrebbe far notare che è una raccolta di 172 “pensierini”. Sono pensierini che attirano altri “pensierini personali” e inducono anche a scattare qualche foto meno scontata. Il libro si legge in un pomeriggio, ma non si dimentica. Mi capita di riprenderlo in mano e di ritrovare la freschezza della prima lettura.

Aggiungo una breve citazione. Mi piacerebbe che fosse considerata come un invito alla lettura nel senso più ampio del termine, perché ritengo che una buona lettura possa essere di molto aiuto al fotografo: “L’unica cosa che vale davvero la pena è l’istruzione. Tutti gli altri averi sono umani, piccini, e non meritano di essere perse- guiti con affanno. I titoli nobiliari sono un lascito che appartiene agli antenati. La ricchezza è un dono della sor- te, che come la dà la toglie. La gloria traballa. La bellezza è effimera. La forza fisica viene fatta prigioniera dalla malattia e dalla vecchiaia. L’istruzione è l’unico dei nostri possedimenti a essere immortale e divino. Perché solo l’intelligenza ringiovanisce con il passare degli anni, e il tempo, che sottrae sempre tutto, solo in questo caso somma alla vecchiaia la saggezza. Nemmeno la guerra, che è come un torrente in piena e spazza e trascina ogni cosa, può toglierti ciò che sai.”

Le parole sono di un cittadino greco, vissuto nel secondo secolo avanti Cristo, il periodo ellenistico della Grecia, travagliata dalla guerra contro i Macedoni e con alle spalle lo spettro incombente di Roma. Nonostante le tra- versie, l’autore dell’iscrizione non smette di credere nei valori della cultura e della conoscenza: le parole sono state incise sul proprio monumento funerario.

La citazione è tratta integralmente dal volume “Papyrus. L’infinito in un giunco. La grande avventura del libro nel mondo antico” – Irene Vallejo – Bompiani settembre 2021.
La rubrica delle recensioni, con questo numero della rivista, cambia aspetto. Ospiterà le recensioni di libri foto- grafici e di libri non fotografici che potrebbero aiutare a sviluppare qualche riflessione utile ai fotoamatori. Le recensioni saranno più brevi e saranno riportate solo le copertine dei libri presentati.

Articolo scritto da Mario Balossini e tratto da La Fenice .